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Certificare la qualità rende più produttivi?

Le aziende conformi allo standard Uni EN Iso 9001 hanno performance migliori, ma i ricavi per dipendente sono più bassi. Intanto, nel 2013 sono diminuite le aziende certificate

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Adolfo Violante
Per essere competitivi sui mercati internazionali servono qualità, crescita e innovazione. Caratteristiche che non sempre le nostre aziende sono in grado di esprimere correttamente. In questo ambito sono quindi interessanti i dati raccolti nel “Secondo Rapporto sulla Qualità e sulla Certificazione”, promosso da Accredia con l'obiettivo di analizzare i percorsi di crescita del sistema produttivo italiano. Un documento che si concentra, in particolare, su quanto la qualità sia davvero un fattore competitivo, oltre a cogliere gli elementi di forza e le criticità che attraversano attualmente il settore della certificazione per la qualità stessa.
Del resto, come si legge nel documento, la qualità non rappresenta solo un obiettivo a se stante, ma è “un mezzo per il rilancio della competitività”.

Lo sguardo, inoltre, si allarga a una misurazione della qualità in quattro diverse dimensioni del sociale e della struttura economico-produttiva del Paese con appositi indicatori sintetici Censis-Accredia, sottolineando come la certificazione Uni EN Iso 9001 rappresenti uno strumento di efficientamento dell'impresa attraverso un'analisi comparativa di dati di bilancio di campioni differenti di aziende.
Dallo studio emerge come la perdita di competitività degli ultimi anni sia confermata dal progressivo ridimensionamento della quota delle vendite di prodotti italiani sui mercati esteri. In particolare, l'Italia continua a essere il secondo Paese esportatore in Europa e il settimo a livello mondiale. È, inoltre, al primo posto a livello mondiale per competitività dei prodotti del tessile, dell'abbigliamento e della pelle; è al secondo posto, dopo la Germania, nel campo della meccanica e di prodotti miscellanei (articoli per lo sport, occhialeria, beni alimentari).
Si tratta di dati che confermano come la crisi economica, seppure grave, non sia stata tale da travolgere o mutare in modo radicale le caratteristiche intrinseche del modello produttivo italiano, le sue specificità e i suoi elementi di forza.
In particolare, tra il 2007 e il 2013 la quota italiana sul commercio mondiale è passata dal 3,6% al 2,7%, ma nel medesimo arco temporale, e dopo l'inevitabile flessione registrata nel 2009, l'Italia è ritornata a crescere sul fronte delle esportazioni, mantenendosi ai primi posti a livello mondiale per operatività sull'estero. Inoltre, se si considerano dati più articolati, come il rapporto tra quote di export di un determinato settore e quota italiana sul commercio mondiale, si evidenzia come, in molti casi, alcuni comparti produttivi italiani hanno incrementato la propria competitività relativa. Dati positivi, in particolare, si registrano nel comparto farmaceutico, in quello dei prodotti della metallurgia, nella produzione di carta, nella meccanica e nei prodotti alimentari.

Migliorano le pratiche gestionali

Benché tutti concordino sul fatto che la qualità genera crescita, non possiamo dimenticare che essa deve essere alimentata, incentivata e gestita con strumenti idonei. Uno di questi è la certificazione, in particolare quella dei sistemi di gestione della qualità, secondo appunto i noti standard Uni EN Iso 9001 e quella di prodotto. Da qui l'idea di Accredia di analizzare quanto le performance delle imprese certificate secondo gli standard Uni EN Iso 9001 si discostino da quelle delle altre strutture industriali. L'attenzione, in questo caso, si è focalizzata sugli indici di bilancio di campioni differenti di imprese nel periodo 2005-2012. È un lasso temporale in cui, complice la difficile congiuntura economica, gli indici di bilancio evidenziano un deterioramento delle performance aziendali in termini di redditività, liquidità, gestione corrente e, in alcuni casi, anche delle misure di produttività. Emerge, però, che il deterioramento degli indicatori di redditività e di alcuni aspetti della gestione corrente sia più accentuato tra le imprese non certificate. In particolare, analizzando i singoli indicatori, gli indici di redditività sono nettamente migliori tra le imprese certificate, mentre le differenze sono minime per quanto riguarda gli indici della gestione corrente e liquidità.
Le differenze più significative, invece, si riscontrano nella produttività: il valore aggiunto per dipendente e i livelli di remunerazione del capitale umano si presentano più elevati tra le imprese certificate rispetto alle altre. Al contrario, però, i ricavi per dipendente sono considerevolmente più bassi.
La situazione induce i responsabili di Accredia a ipotizzare che la presenza di un sistema di gestione della qualità, operante secondo lo schema Uni EN Iso 9001, potrebbe influire positivamente sul miglioramento e sull'efficientamento di alcune pratiche gestionali: migliore gestione corrente, migliore remunerazione del capitale, migliore equilibrio dei costi e migliore remunerazione della forza lavoro. Al contrario un simile strumento ha un effetto neutrale sulla gestione della liquidità, non essendosi constatata nessuna differenza sostanziale degli indici di liquidità tra i due campioni, sia nell'ambito di questo studio sia in studi precedenti.

Serve, ma piace meno

La certificazione del sistema di gestione della qualità secondo gli standard Uni EN Iso 9001 ha quindi un significativo valore strategico. Negli ultimi anni, tuttavia, il numero di aziende certificate si è leggermente ridotto e con esse lo stesso numero di certificati Uni EN Iso 9001. Dagli oltre 88mila certificati sotto accreditamento Accredia del primo trimestre del 2012, infatti, si è passati a 87.164 certificati rilevati in media nell'ultimo trimestre del 2013, con una marcata flessione nei periodi più recenti.
Questi e altri dati, secondo l'analisi proposta nello studio, spingono a ritenere che la certificazione Uni EN Iso 9001 sia attraversata da due fenomeni rilevanti: da un lato, un'elevata capacità di penetrazione del mercato, determinata dall'intrinseco valore strategico che tale strumento possiede; dall'altro lato, la collocazione di questo strumento in una fase di maturità del proprio ciclo di vita, testimoniato da prezzi delle certificazioni stabili o in riduzione e da un parallelo ridimensionamento della domanda.
Certificare la qualità rende più produttivi? - Ultima modifica: 2014-05-15T12:06:00+02:00 da La Redazione