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Energia alle reti intelligenti

Per l’industria energetica occorrono reti sempre più smart, in grado di garantire non solo efficienza nell’erogazione del servizio, ma anche razionalizzazione dei consumi e riduzione degli inquinanti. Gli analisti tracciano un quadro del mercato e fanno qualche previsione

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Valeria De Domenico

È una forma di ecologia anche questa, a ben pensarci, anzi l'ecologia del futuro. Cos'è infatti la tecnologia di gestione e controllo delle grandi reti aziendali, se non un modo per ottimizzare la produzione, per ridurre costi e sprechi, per monitorare i consumi? A maggior ragione quando si tratta di generare e distribuire energia da fonti tradizionali o rinnovabili. A Milano, alla fine di maggio, It provider, produttori, distributori e analisti del settore energetico si sono incontrati per confrontarsi sul tema 'Efficienza energetica, gestione della domanda e smart grid in un contesto di crisi economica. Soluzioni per il rilancio dello sviluppo economico'. L'occasione è stata data dalla terza edizione dell'Energy & Utilities Forum, organizzato anche quest'anno da Idc.

“La sfida è aumentare l'intelligenza delle reti facendo leva su Power Electronic e Ict”, ha affermato Roberta Bigliani, Idc Emea Research Director, Energy Insights. “Si possono definire intelligenti le reti che consentono una partecipazione attiva della domanda e che sono in grado di operare in maniera predittiva e non reattiva. Esse rendono tra l'altro possibile l'integrazione della generazione distribuita e di quella rinnovabile e permettono di offrire un servizio di qualità maggiore. Grazie a queste reti si delinea quindi uno scenario rivoluzionario dei mercati energetici”.

Nel suo intervento Roberta Bigliani ha tracciato un attento scenario del settore, indicando i trend evolutivi in atto. Doloroso ma inevitabile il riconoscimento dell'impatto che la recessione economica ha avuto sul mercato dell'energia: i consumi energetici sono diminuiti, i primi a subirne le conseguenze sono stati i distributori. La crisi creditizia, d'altra parte, non è riuscita a frenare in toto i piani di investimento delle principali utility, ma ha messo in discussione i progetti a rischio elevato. A completare il quadro della situazione, il piano normativo approntato dall'Unione Europea a supporto del supposto cambiamento climatico del Continente. In base a questo piano entro il 2020 si dovranno ridurre del 20% le emissioni Ghg (Greenhouse Gas), migliorare del 20% l'efficienza energetica e raggiungere una quota del 20% di rinnovabili all'interno dell'energy mix.

In questo contesto, cosa ci si può attendere dal settore energy & utility? C'è da immaginare che un atteggiamento di giustificata prudenza da parte degli operatori indurrà a rimandare la corsa alle smart grid almeno di un anno: sarà difficile che nei prossimi mesi gli operatori riusciranno a raggiungere una certezza nelle forniture tale da lanciarsi nell'adozione di tool e programmi di smart metering; e d'altro canto se nel 2009 sarà raggiunta una maggiore partecipazione attiva della domanda, l'effettiva risposta degli utenti è prevista solo dopo il 2010. Si può invece prevedere una crescita nel corso del 2009, per fonti rinnovabili, generazione distribuita e tecnologia pulita, grazie anche al risparmio energetico, che alimenterà gli investimenti in nuove tecnologie.

Energy Supply Industry sotto la lente
I dati in base ai quali Roberta Bigliani ha condotto la sua analisi sono 'freschissimi', provengono infatti da uno studio in fase di realizzazione, condotto da un gruppo di ricercatori Idc, da lei guidato e dedicato al tema 'Impatto dell'Ict sul mercato dell'industria energetica'. I dati definitivi saranno pubblicati alla fine dell'anno, intanto, crediamo valga la pena soffermarci su un'altra ricerca correlata di cui ha fatto un resoconto parziale all'Energy & Utilities Forum Ferdinand Pavel, analista di Diw-Econ: l'oggetto è 'L'impatto dell'Ict sull'emissione di gas serra nell'industria energetica'.

Già pochi mesi fa in occasione dell'Ict for Green Conference, la stessa Bigliani aveva ricordato come sia noto che l'industria dell'information e communication technology sia responsabile del 2% delle emissioni globali di CO2 e di quanto questo settore stia facendo per ridurre il proprio impatto ambientale, sia sotto il profilo di una maggiore efficienza dei prodotti hardware e software, sia di una migliore gestione dell'intero ciclo di vita delle apparecchiature.
“Ma è ancora più importante”, aveva sottolineato Bigliani, “guardare all'altra faccia della luna, vale a dire pensare al rimanente 98% e prendere in più seria considerazione cosa l'Ict possa fare per rendere più 'green' il nostro modo di agire come aziende e consumatori”.

A conferma del fervente interesse suscitato dalla questione, a febbraio un focus group dell'Itu (International Telecommunication Union), istituto specializzato in tecnologie dell'informazione e della comunicazione e cambiamenti climatici, ha presentato uno standard per calcolare l'impatto effettivo dell'industria Ict sull'ambiente. Il gruppo, che comprende alcuni tra i maggiori protagonisti dell'Ict mondiale, ha messo a punto un metodo per calcolare due elementi: l'impatto sull'ambiente in termini di energia ed emissioni di CO2 legati alla produzione e all'utilizzo di prodotti Ict e la riduzione di emissioni di gas serra derivanti dall'uso di tecnologie Ict nell'ambito dei trasporti e dalla cosiddetta dematerializzazione (la sostituzione di atomi con bit che prevede, ad esempio, l'acquisto di file mp3 invece che di un cd). I dati raccolti da Diw-Econ si riferiscono a società appartenenti a tutti i settori produttivi e localizzate in molti Paesi europei; le analisi di questi dati sono state poi messe a confronto. L'industria del trasporto, senza sorprendere, è risultata la più inquinante, con una curva in leggera crescita dagli anni Novanta al 2005.
Tra i Paesi europei il nostro si colloca in posizione intermedia, attestandosi intorno alle 300 t di CO2 equivalente, in sovrapposizione alla media europea, ma rivela anche una staticità preoccupante, se guardiamo alla curva di Germania e soprattutto Inghilterra, le quali dimostrano, invece, di aver saputo ridurre negli ultimi 15 anni l'emissione di gas serra, in modo considerevole. Entrando nello specifico dell'industria energetica, ancora una volta l'Italia si mantiene sulla media Europea di 3.000 t di CO2 in quanto a intensità di emissioni, mentre si posiziona su livelli davvero bassi quando si tratta di valutare la percentuale di capitale azionario destinato all'Ict: l'industria energetica italiana fatica a impegnare più del 2% del proprio capitale in information technology.

Di più Pavel non ha potuto rivelare, rimandando gli appassionati alla prossima puntata, a quando cioè il gruppo di studiosi sarà riuscito nell'intento di delineare come da programma il ruolo dell'Ict nella riduzione di emissioni serra. Speriamo in quella circostanza di poter trovare indicazioni mirate, utili a capire quali aspetti dell'automazione dei processi produttivi può seriamente contribuire al miglioramento della qualità dell'aria sul nostro pianeta.

Dalla teoria alla pratica
C'è chi sul fronte delle previsioni di sviluppo delle smart grid è molto ottimista e non potrebbe essere diversamente, trattandosi di Ibm, che è coinvolta in circa 50 progetti indirizzati alla costruzione dell'infrastruttura delle reti intelligenti del XXI secolo. Una stima resa nota dalla società afferma che pochi anni fa l'80% degli investimenti delle utility era indirizzato verso il software aziendale, mentre ora la stessa cifra è impiegata nello sviluppo di smart grid. Le perdite energetiche a livello globale, causate dalla 'non intelligenza' delle reti di distribuzione, sarebbero calcolabili tra il 40 e il 70% della produzione. Altri dati erogati da vari istituti internazionali riportano che i consumatori arrivano a sprecare ogni anno fino a 170 miliardi di kWh, a causa di informazioni scarse o non corrette sull'utilizzo dell'energia, e prevedono, insieme alla massiccia introduzione a livello globale di normative riguardanti i cambiamenti climatici, l'incremento della domanda energetica, ad esempio, negli Stati Uniti del 39% entro il 2030.

Le possibilità di intervento in questo settore sarebbero dunque tante, con conseguenti prospettive di crescita occupazionale. La situazione italiana pur con le sue peculiarità appare ugualmente promettente. In Italia dopo le privatizzazioni, le utility hanno manifestato una forte vocazione aggregativa (a partire dal 2000 sono stati effettuati 827 accordi di cui 257 nel settore gas e 205 in quello elettrico), mentre appare consolidata l'integrazione tra i settori elettricità e gas. Sul nostro territorio hanno investito grandi gruppi europei, mentre local utility hanno avuto accesso a progetti infrastrutturali importanti. In base a quest'analisi dovremmo assistere nei prossimi anni in Italia a uno sviluppo costante del mercato con due o tre gruppi nazionali nel settore gas ed elettricità, cinque o sei poli sovrarregionali di multiutility e quattro o cinque gruppi internazionali che incrementeranno la loro presenza sul territorio nazionale con differenti strategie. Parallelamente operatori a livello locale (soprattutto nei settori igiene urbana e idrico, ma anche trasporti) inizieranno a sperimentare forme di collaborazione per realizzare economie di scala sui costi (acquisti, infrastrutture, mezzi e strumenti). In una tale prospettiva la realizzazione di reti e sistemi di gestione intelligenti diventa il fattore strategico, che può fare la differenza. L'esempio più recente non riguarda il nostro territorio, ma è ugualmente significativo, anzi, come spiegava Carlo Maria Drago, presentandolo all'Energy e Utilities Forum, trattandosi di una piccola isola, l'esperienza in questione ha rivelato le difficoltà di un sistema chiuso e autonomo, ma anche i vantaggi di una burocrazia più snella. Ci stiamo riferendo all'accordo quinquennale tra Ibm e la Maltese National Electricity and Water Utilities per la progettazione e l'implementazione di una rete smart grid nazionale. 250mila contatori elettrici analogici saranno sostituiti da nuovi strumenti intelligenti che permetteranno ai clienti di gestire in maniera ottimale i propri consumi e consentiranno la ristrutturazione del processo di fatturazione, saranno integrati contatori dell'acqua e applicazioni It avanzate, per il controllo, la gestione, la lettura dei contatori e la sospensione dell'erogazione da remoto.

Energia alle reti intelligenti - Ultima modifica: 2009-10-15T18:05:35+02:00 da Miti Della Mura