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L’automazione svetta su Milano

Un articolato sistema di riscaldamento previene il rischio che, sul più alto edificio di Milano, si creino pericolose formazioni di ghiaccio

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Massimiliano Cassinelli

Dallo scorso ottobre, sulla cima del palazzo Torre di Porta Nuova, a Milano, è stata posata una guglia alta ben 80 m, che ha portato a realizzare quello che è oggi il più alto edificio della città. Una soluzione che ha cambiato, in modo definitivo, la skyline del capoluogo lombardo.
La Spire, questo il nome dell'infrastruttura, non ha scopi pratici e non ospiterà antenne per le telecomunicazioni, ma rappresenta esclusivamente un componente di tipo architettonico, voluto per caratterizzare l'edificio stesso.
Per questa ragione un'attenzione esasperata è stata riservata proprio all'aspetto estetico, costruito intorno a una struttura d'acciaio snella, ma pesante ben 140 t, e circondata da una sottile parete di metallo traforato. Una scelta, quest'ultima, studiata per massimizzare l'effetto visivo e, al contempo, ridurre la spinta del vento. I piccoli fori, infatti, hanno dimezzato la superficie totale, limitando così quello che è noto come 'effetto vela'.
Affrontati i problemi di stabilità in caso di vento, è stato necessario valutare anche le particolari condizioni ambientali della Pianura Padana. I progettisti di WeLed, l'azienda incaricata del montaggio e della manutenzione dell'infrastruttura, hanno infatti rilevato il rischio che, in giornate particolarmente fredde, l'umidità potrebbe condensare sulle pareti stesse e, addirittura, formare strati di ghiaccio. Una situazione che farebbe aumentare il peso dell'infrastruttura stessa. Il tutto aggravato dal fatto che, ostruendo i fori, il passaggio del vento verrebbe impedito. Senza dimenticare che eventuali blocchi di ghiaccio, staccandosi improvvisamente, potrebbero raggiungere le strade sottostanti ad alta velocità, con effetti pericolosi.

Scaldiamo la torre

È stato così necessario studiare una serie di accorgimenti in grado di prevenire un simile rischio. Una soluzione non semplice, soprattutto in considerazione delle grandi dimensioni della struttura stessa e dell'imperativo, per qualunque edificio, di evitare sprechi energetici. Anche per tale ragione, nella fase iniziale, si era pensato che il calore dissipato dalle lampade a Led, utilizzate per illuminare la struttura nelle ore notturne, potesse essere sufficiente per prevenire la formazione del ghiaccio. Una valutazione corretta, dal punto di vista teorico, ma non sufficientemente affidabile, in quanto l'elettronica dei Led stessi potrebbe essere danneggiata dai fulmini che, come intuibile, sono attratti dall'infrastruttura metallica. A questo si aggiunge il fatto che le luci vengono accese nelle ore notturne, mentre il ghiaccio potrebbe formarsi anche in pieno giorno.
Scartata l'ipotesi apparentemente più elementare, l'attenzione si è concentrata sull'utilizzo di una soluzione dedicata. Una strada non semplice da percorrere, anche in considerazione della necessità di contenere i consumi energetici, in un'ottica di risparmio economico e di tutela ambientale. È stata così rifiutata anche l'idea di posare un classico cavo riscaldante, poiché il suo impiego, per impedire la formazione di ghiaccio su una superficie di circa 1.100 m², avrebbe comportato un impegno elettrico di 1.200 kW.
Un cavo di questo tipo, infatti, dissipa calore, in modo omogeneo, intorno all'intera sezione. Così, considerando le notevoli dimensioni dell'infrastruttura, buona parte del calore sarebbe andato irrimediabilmente sprecato.
Da qui l'idea di rivestire internamente la struttura con un sottile strato di materiale conduttivo, isolato elettricamente sul lato applicato in corrispondenza delle pareti e isolato anche termicamente sulla superficie interna. In questo modo il calore prodotto dal passaggio dell'energia elettrica viene scambiato, quasi esclusivamente, con le pareti della torre stessa, evitando qualunque forma di spreco. Una simile soluzione, che riduce l'impegno a soli 400 kW, ha comportato, per gli installatori specializzati di WeLed, la necessità di un'ulteriore attività di montaggio in quota, finalizzata a ottenere i più elevati standard di sicurezza.

Il valore del controllo

L'installazione dei pannelli scaldanti, che 'foderano' l'intera torre, permette di erogare esclusivamente il calore necessario a prevenire la formazione del ghiaccio. L'aspetto più sofisticato dell'installazione è legato all'impianto di accensione e spegnimento dell'intero sistema, che deve entrare in funzione solo al momento opportuno, prevenendo gli sprechi, ma garantendo anche i più elevati livelli di affidabilità.
Per questa ragione, sulla sommità dell'edificio è stata installata una centralina meteorologica Davis, dotata di sensore di intensità e direzione del vento, sensore di umidità e sensore di temperatura.
I dati raccolti vengono inviati, attraverso un protocollo proprietario, al plc incaricato di elaborarli e di gestire l'intero sistema antighiaccio. “Affidarsi a un plc di mercato”, spiega Valerio Abate, responsabile tecnico dell'impianto di WeLed, “ci consente di ottenere un livello di affidabilità superiore rispetto a quello offerto da un pc chiamato a svolgere analoghe funzioni. Allo stesso modo, per mettere in comunicazione il sistema di elaborazione con i singoli elementi scaldanti, distribuiti lungo l'intera torre, abbiamo adottato un protocollo ampiamente testato e validato a livello internazionale.
Per questa ragione ci siamo orientati verso Canbus che, essendo nato per il settore automobilistico, offre un elevato grado di affidabilità, anche in condizioni climatiche estreme. Inoltre, in caso di necessità, consentirà di aggiungere nuovi elementi senza nessuna esigenza di particolari configurazioni. Dal punto di vista ingegneristico, però, il vero fattore di differenziazione sta nel software di gestione, che abbiamo sviluppato internamente, per il corretto controllo dell'intero impianto”.
Un simile controllo è dettato dalla necessità, sempre più impellente soprattutto per i nuovi edifici, di minimizzare gli sprechi energetici. La formazione del ghiaccio, infatti, dipende dalla combinazione di diversi fattori ambientali, ma anche dall'esposizione dei singoli settori della torre. È infatti intuibile comprendere come il lato sopra vento sia soggetto a una maggior dispersione del calore rispetto a quello opposto, che risulta invece parzialmente protetto. Da qui l'idea di creare 16 zone differenti, distinte in base all'altezza e all'esposizione laterale. In questo modo, analizzando tutti i dati raccolti, il plc è in grado di decidere quali settori riscaldare, combinando così le esigenze di sicurezza e quelle di risparmio energetico.

Acceso e spento

Le singole resistenze, incaricate di prevenire la formazione di ghiaccio, devono essere controllate a distanza. Per tale ragione sono stati istallati una serie di telerruttori, con potenza compresa tra 20 e 60 kW in funzione delle specifiche esigenze e delle dimensioni di ognuno dei 16 settori. In questo modo il software è in grado di ottimizzare i cicli di accensione e spegnimento delle zone, impiegando 10 termocoppie di misura della temperatura superficiale disposte in modo strategico.
Considerando la quota a cui si trova la torre, che risulta esposta anche ai fenomeni temporaleschi, i tecnici di WeLed hanno sfruttato le propria esperienza nell'istallazione di reti elettriche per soddisfare tutte le garanzie di sicurezza imposte dalle normative e richieste dai proprietari dell'infrastruttura. Infatti, come spiega Abate, “il sistema è molto segmentato e ogni pannello viene alimentato con sette resistenze in parallelo, raggiungendo così un elevato livello di resilienza. A questo si aggiunge la scelta di aver posto il plc in rete con la centrale di controllo dell'edificio, a sua volta monitorata attraverso un sistema watchdog. Per innalzare ulteriormente il livello di affidabilità, monitoriamo, attraverso una serie di 'sensori campione', sia la corrente sia la temperatura. L'insieme di questi accorgimenti, oltre all'utilizzo di sistemi ampiamente testati sul mercato e alle severe prove del nostro software di controllo, ci garantisce un elevato livello di affidabilità”. Un valore reso necessario dal fatto che, in particolari condizioni atmosferiche, un malfunzionamento non potrebbe essere tollerato.
Considerando le condizioni meteo registrate negli ultimi anni nella zona in cui è stata installata la torre, è stato stimato che l'accensione dell'intero sistema dovrebbe essere effettuata, mediamente, per meno di 100 ore all'anno. Un impiego che, grazie all'Mtbf particolarmente elevato, offre una considerevole garanzia di servizio.
“In ogni caso”, conclude Abate, “come ulteriore precauzione, abbiamo previsto una serie di procedure di test periodiche che, unite alla resilienza implicita del sistema, garantisce gli standard di sicurezza richiesti senza la necessità di creare un'infrastruttura completamente ridondata”.

L’automazione svetta su Milano - Ultima modifica: 2012-01-13T10:50:35+01:00 da La Redazione