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L’industria è il futuro dell’Italia

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Massimiliano Cassinelli

“L’industria è il futuro dell’ Italia”. É questo il titolo scelto da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, per aprire l’assemblea annuale dell'associazione.
Un intervento in cui non sono mancati gli spunti polemici, soprattutto quando Gozzi ha ricordato come “resta diffuso in Italia un sentimento anti-industriale e antiimpresa, una miscela micidiale che comprende correnti istituzionali e politiche a cui si unisce un filone sociale e di estremismo ambientalista.
Un’impostazione politico-culturale che vede sempre le imprese e gli imprenditori con sospetto, che si oppone a ogni progetto di infrastruttura economica vista negativamente e affrontata con reazioni talvolta violente, dal ciclo dei rifiuti ai rigassificatori all’insediamento di nuove industrie”.
Il presidente, però, non si è nascosto: “Abbiamo già detto e ripetiamo di essere perfettamente consapevoli che fare industria siderurgica nel futuro non solo in Italia e in Europa, ma ovunque nel mondo, vorrà dire misurarsi con il tema della sostenibilità declinata nelle diverse accezioni ambientale, sociale e economica. Compatibilità ambientale e sicurezza sul lavoro devono diventare uno standard dell’economia globale e non essere strumenti di una competizione asimmetrica e sleale, tra le diverse aree economiche del mondo”.
Proprio la competizione italiana con le aziende italiane, che rappresentano la seconda siderurgia europea dopo quella tedesca, è uno dei temi più sentiti dall'intero settore: “Per quanto riguarda l’acciaio, e non solo, l’anno da cui veniamo ha mostrato nuovi, preoccupanti, elementi sul fronte delle regole del commercio internazionale.
Al perdurare di distorsioni e squilibri provocati dai dumping e più in generale dalla competizione sleale di player di altre parti del mondo, si sono registrate le reazioni di altri Paesi che hanno aggiunto nuovi protezionismi e nuove chiusure regionali. Il caso più eclatante è certamente quello della nuova amministrazione americana, con la decisione che va sotto il nome di “232”.
Gli Usa minacciano di chiudere le frontiere alle importazioni di acciaio (circa 26 milioni di tonnellate all’anno) invocando ragioni di sicurezza nazionale che in realtà potrebbero riguardare, sì e no, 300/400 mila tonnellate di importazioni l’anno.
Di fronte a tutto ciò, la Commissione Europea, nonostante le sollecitazioni e le prese di posizione del Parlamento Europeo e di numerosi Stati membri, ha mostrato incertezze e ambiguità.
Del tutto emblematica, vorrei dire esemplare, di queste ambiguità è la vicenda del Mes China, quando si è deciso di abbandonare un’impostazione semplice e chiara che definiva con precisione cosa debba intendersi per economia di mercato.
Resta poi aperta la questione dell’Algeria. In palese violazione del trattato di libero scambio che lega quel Paese all’UE, nel corso del 2017, aggravando una situazione che si era già manifestata nel corso del 2016, le Autorità algerine, attraverso lo strumento delle licenze, hanno praticamente dimezzato le importazioni di tondo per cemento armato, creando un grave danno alle imprese italiane per le quali il mercato algerino era diventato, negli ultimi anni, fondamentale.
Resta aperta anche la questione dell’asimmetria di controlli tra l’UE e la Turchia, laddove questo Paese continua a chiedere l’allargamento dell’Unione doganale con l’UE senza fornire garanzia alcuna sull’efficacia e sulla correttezza dei controlli doganali ai suoi confini, con l’evidente rischio di aggiramento per le importazioni di prodotti siderurgici da Paesi colpiti dalle azioni antidumping europee”.

L’industria è il futuro dell’Italia - Ultima modifica: 2017-09-20T10:55:07+02:00 da Massimiliano Cassinelli