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Fuga dall'Italia

Svizzera e Austria sono le nuove frontiere della delocalizzazione

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Massimiliano Cassinelli

La scorsa settimana, il sindaco di Chiasso ha comunicato la chiusura anticipata delle iscrizioni a una manifestazione ideata per attirare aziende straniere: “Benvenuta impresa nella città di Chiasso”. L'evento, in programma il 26 settembre e che poteva ospitare 150 imprenditori, ha infatti registrato ben 178 adesioni.
É questo l'ultimo atto di un'autentica emorragia di aziende, soprattutto lombarde, spaventate non tanto dalla crisi, quanto dai costi e dalla burocrazia italiana. Un fatto tutt'altro che improvviso, soprattutto se consideriamo che, già lo scorso aprile, Confindustria Lombardia aveva segnalato come, a fronte di duemila posti di lavoro persi nei 18 mesi precedenti, in Canton Ticino si fosse registrato un analogo aumento di occupati.
La Svizzera attrae per una fiscalità agevolata, ma anche per regole certe e una burocrazia meno assillante, così come avviene per la Slovenia e persino per l'Austria. Per le aziende manifatturiere, quindi, non è solo una fuga verso Paesi a basso costo del lavoro, ma la ricerca della possibilità di lavorare meglio.
In particolare, secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, quasi un'impresa su due (48,3% delle aziende che hanno delocalizzato) opera nel commercio all'ingrosso. Si tratta, ad esempio, di attività legate agli intermediari del commercio, del commercio all'ingrosso di prodotti alimentari e bevande, di apparecchiature high-tech e di altri macchinari e attrezzature. Attività prevalentemente costituite dalle filiali commerciali di imprese manifatturiere. Segue l'industria manifatturiera (28,6% del totale) e la logistica (6,2% del totale).

Fuga dall'Italia - Ultima modifica: 2013-09-18T08:19:06+02:00 da Massimiliano Cassinelli