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Chi investirà nell’acqua?

L’acqua rimane pubblica, ma il referendum dovrà stabilire chi sarà chiamato a gestirla e ad effettuare gli investimenti

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Massimiliano Cassinelli

Le stime più ottimistiche indicano che il 30% dell'acqua immessa nelle reti idriche viene dispersa. Ma considerando che, spesso, non esistono misure reali di tale valore, alcune valutazioni si spingono ad affermare che la perdita può raggiungere anche il 60%. Contemporaneamente gli scarichi del 30% degli italiani non vengono depurati. Una situazione che potrebbe essere sanata solo a fronte di un investimento di 60 miliardi di euro nei prossimi trent'anni.
Da qui l'idea, varata nel 2008, di imporre l'ingresso dei privati in una serie di servizi pubblici locali di rilevanza economica (dalla gestione delle acque a quella dei rifiuti e dei trasporti pubblici). Cui si aggiunge la possibilità di determinare la tariffa (l'aumento massimo consentito è del 7% all'anno) del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito.
Due opportunità alle quali si oppongono i referendari, sostenendo che l'acqua non debba essere privatizzata e non debba diventare fonte di lucro. In realtà la norma consente solamente di delegare la gestione del ciclo idrico integrato (dalla captazione alla depurazione finale), mentre l'acqua e le infrastrutture rimangono di proprietà pubblica, anche se non esistono garanzie di una corretta gestione delle infrastrutture stesse.
Una situazione controversa, il principale timore è legato al fatto che una gestione privata possa contribuire ad aumentare in modo significativo le tariffe, senza un reale miglioramento del servizio. La norma in vigore, infatti, prevede la remunerazione del capitale investito, senza indicare parametri qualitativi obiettivi. In Italia, dove il 97% della gestione è oggi affidata ad enti pubblici, esistono esempi di eccellenze e disservizi sia nella conduzione pubblica sia in quella privata. Rimane però indiscutibile il fatto che siano necessari investimenti significativi, con ricadute anche sull'automazione dei processi di distribuzione e trattamento. Con il referendum gli italiani dovrebbero quindi decidere chi dovrà affrontare tali investimenti, stabilendo se continuare ad affidarsi al pubblico o aprirsi alla competizione dei privati.

Chi investirà nell’acqua? - Ultima modifica: 2011-06-28T14:59:50+02:00 da Massimiliano Cassinelli