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Meglio di una flowpack tradizionale

La versatilità delle macchine Ifp Packaging è davvero unica, grazie anche alle soluzioni di motion che sono state adottate

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Girolamo De Simone

Tra le aziende italiane specializzate nel confezionamento termoretraibile spicca Ifp Packaging. Dal 1989, anno in cui ha introdotto sul mercato la sua prima linea d'imballaggio e termoretrazione, totalmente progettata e costruita al suo interno, l'azienda ha venduto oltre 3mila sistemi di termoretrazione in tutto il mondo. Ifp Packaging, che ha sede a Malo, in provincia di Vicenza, è nata da un'intesa fra le società Italferpack e World Pack. La prima è stata fondata nel 1978 come laboratorio di saldatura, fresatura e altre lavorazioni meccaniche. La seconda, dal 1988 si è invece specializzata nella costruzione di macchine confezionatrici e di termoretrazione. Le confezionatrici in film retraibile Ifp Packaging permettono agli end-user di lavorare prodotti con qualsiasi tipo di forma e lunghezza. “I nostri modelli standard possono essere completati con caricamenti e altre attrezzature accessorie per adeguarli ad ogni prodotto”, afferma Maurizio Gonzato, responsabile Ufficio Acquisti del reparto Elettrico di Ifp Packaging. “Grazie alla loro versatilità, le confezionatrici Ifp Packaging trovano applicazione in tutti i settori: mobili, porte, materassi, prodotti alimentari, oggetti di plastica e così via”.
Un esempio recente è la nuova serie di confezionatrici a saldatura continua Hss, che possono funzionare a passo fisso o a passo variabile per gestire più prodotti dello stesso tipo o prodotti con dimensioni diverse. Si tratta di macchine molto versatili, progettate per avvolgere prodotti solidi di piccole, medie e grandi dimensioni, la cui velocità di confezionamento è di 60-80 confezioni al minuto, con la possibilità di inserimento del prodotto in automatico.
È l'integratore DiGiLink che fornisce a Ifp Packaging il sistema di automazione e i quadri elettrici, oltre ad effettuare attività di ricerca, e sviluppo e di progettazione di macchine speciali o fuori standard. “Le nostre competenze tecniche spaziano dal plc al cn per i settori più disparati: dalle lavorazioni su lamiera, alle macchine per il marmo, al packaging, ai pallettizzatori per cementifici e così via”, afferma Giambattista Covolo, titolare dell'azienda di Marano Vicentino (Vicenza). DiGiLink ha progettato anche l'automazione delle confezionatrici in continuo Hss. “Ogni macchina è strutturata con un portabobina e uno svolgitore automatico gestito da un inverter retroazionato Altivar 71 che, in base alla velocità del master, modula e mantiene il ballerino sempre nella stessa posizione in modo da assicurare una tensione costante del film”, spiega Covolo. “Vi sono, quindi, un nastro trasportatore d'ingresso, dove è creato il tunnel di confezionamento del prodotto, un nastro intermedio, ai lati del quale si utilizzano ruote saldanti o aria calda in base al tipo di film utilizzato, due barre saldanti, gestite mediante due motori brushless, e un carrello che ha un'oscillazione gestita da un terzo brushless; le due barre e il carrello seguono il prodotto per fare in modo che questo non debba mai fermarsi. Infine, vi è un nastro d'uscita”. Tutti i nastri sono gestiti da inverter in riferimento di velocità, mentre il nastro intermedio svolge anche il ruolo di master per tutto il sistema. “Un'altra caratteristica della macchina è la possibilità di cambiare il leverismo sulle barre”, sottolinea Gonzato. “In base alla tipologia del prodotto, è possibile modificare il periodo del carrello. Se è necessario confezionare prodotti corti, si può ridurre al minimo l'ampiezza del carrello per ottenere un'elevata velocità di confezionamento. Se invece i prodotti da confezionare sono più lunghi, si può aumentare l'ampiezza del carrello in modo da ottenere una velocità più alta”.

L'importanza del motion
Ogni macchina Hss può lavorare nella modalità flowpack, ossia con busta di dimensioni fisse, oppure nella modalità a passo variabile. L'alimentazione dei pezzi può essere effettuata mediante nastro normale o a palette. Anche lo scarico dei pezzi confezionati avviene mediante nastri, che portano i pezzi in un forno se è necessario ottenere una termoretrazione. Dal forno, i prodotti sono avviati al magazzino o sono prelevati da un operatore. “L'automazione già presente sulla macchina è stata sviluppata e adattata per essere compatibile con la nuova parte di motion control Schneider Electric. Per la parte di motion abbiamo scelto i prodotti Schneider Electric perché, tra i materiali che abbiamo preso in considerazione, sono stati quelli che hanno dato la maggiore sicurezza e, soprattutto, erano accompagnati dalla possibilità di un solido supporto tecnico”, riferisce Covolo. “Il supporto era importante, perché si trattava di un prototipo. La scelta si è rivelata ottima”. DiGiLink e Ifp Packaging sono state supportate dalla struttura Ade (Application Design Engineering) di Schneider Electric di Bologna. Le due società hanno apprezzato particolarmente la velocità di messa in servizio e la flessibilità della soluzione proposta. “Pur dovendo affrontare diverse richieste aggiuntive e diversi cambiamenti di funzionamento durante il collaudo, il team di Schneider Electric è stato sempre pronto e rapido nel fornire risposte adeguate e soddisfacenti”, affermano concordi Gonzato e Covolo. “Il valore aggiunto che abbiamo percepito è la prontezza e la velocità nel rispondere alle nostre problematiche e alle nostre richieste in modo efficace e definitivo”.
Ade ha sviluppato per Ifp Packaging tutta la parte di motion sulla base delle specifiche hardware ricevute da quest'ultima, modificando anche alcune librerie standard proprio per adattare meglio le funzioni richieste. La meccanica della macchina originale non dava certo una mano al team di Schneider Electric: non c'erano movimenti lineari, perché tutti i movimenti avvenivano tramite fulcri e leverismi oppure erano comandati da forme d'onda sinusoidali. È stato quindi necessario linearizzare sia i movimenti, sia la creazione della larghezza, risolvendo i problemi mano a mano che si presentavano. Al progetto ha partecipato anche la società Elettroveneta di Schio (Vicenza), un grossista di materiale elettrico che da molti anni collabora con DiGiLink. L'appoggio di Elettroveneta è stato fondamentale per ricreare il feeling che ha consolidato la fiducia da parte di DiGiLink nei confronti dei nuovi prodotti di motion Schneider Electric. L'integratore utilizzava già gli inverter di Schneider Electric, ma il passaggio agli azionamenti brushless rappresentava una sfida importante. Elettroveneta ha contribuito a rimuovere la preoccupazione iniziale, prendendo in carico anche la gestione del magazzino.

I componenti del sistema
La parte motion comunica in Modbus con il pannello operatore touchscreen e con la parte di termoregolazione. Più in dettaglio, essa comprende un Lexium Motion Controller Lmc20, che gestisce quattro assi mediante azionamenti collegati su rete CanOpen sincrona. Gli assi realmente richiesti sono tre, nel caso del carico di pezzi con nastro tradizionale, oppure quattro se è utilizzato il nastro a palette. Vi sono poi dei Lexium05, a ciascuno dei quali è associato un motore brushless. “I Lexium05 offrono una coppia di 7,2 Nm, superiore a quella effettivamente richiesta”, afferma Covolo. Per i motori brushless sono stati invece utilizzati dei Bsh1003. Vi sono due motori uguali per quanto riguarda il movimento del carrello e della barra inferiore, mentre per il movimento della barra superiore è stato utilizzato un Bsh1003 con freno. L'evoluzione della macchina sarà probabilmente quella di aumentare le funzioni gestite da Lexium Motion Controller. Si pensa inoltre di modificare il leveraggio per riuscire a confezionare una tipologia di prodotti più alta. Poiché è stato quasi raggiunto il limite, si passerà ad un nuovo sviluppo meccanico, per potere fare un'escursione maggiore delle barre.
L'integrazione con il controllore programmabile della macchina, non fornito da Schneider Electric, è stata effettuata mediante un bus di campo, utilizzando il pannello operatore come bridge fra il Modbus e una rete Ppi. Il pannello può infatti gestire contemporaneamente più driver. Alla rete Modbus sono collegati il Lexium Motion Controller e la parte di termoregolazione, con gestione della velocità dei singoli inverter. Una rete CanOpen sincrona gestisce invece la comunicazione con i singoli assi, mentre la rete Ppi collega il plc.
I parametri della macchina e del prodotto e le ricette di produzione sono gestiti dal pannello operatore, dal quale è anche possibile configurare gli azionamenti e tutti i parametri del Lexium Motion Controller. Dal pannello operatore è anche possibile eseguire il monitoraggio della produzione in tempo reale e visualizzare graficamente eventuali problemi di funzionamento o allarmi. “Il punto di vantaggio fondamentale della nostra macchina è la sua versatilità, più elevata rispetto a quella di una flowpack tradizionale”, risponde Gonzato. “Sulla stessa macchina riusciamo infatti a realizzare più prodotti di varie dimensioni e lunghezze. L'alternativa è quella di acquistare più macchine, perché normalmente le flowpack hanno una flessibilità molto più limitata, essendo vincolate alle dimensioni del prodotto”. Un altro vantaggio è dato dall'assenza di limiti di lunghezza: è indifferente passare da prodotti di 10 cm a prodotti di 6 m, mentre una flowpack ha sempre dei limiti precisi. Un vantaggio, questo, che è apprezzato soprattutto dai clienti che hanno la necessità di confezionare più prodotti di vario tipo.

Meglio di una flowpack tradizionale - Ultima modifica: 2009-10-02T15:29:47+02:00 da La Redazione