La caduta della domanda interna ha riguardato tutti i settori, in particolare i beni di consumo durevoli e quelli strumentali. Per i beni intermedi e per i non durevoli, la diminuzione di fatturato interno è stata più che compensata da incrementi realizzati sui mercati esteri.
Performance positive sui mercati esteri hanno riguardato tutti i settori tranne mobili, legno, stampa e abbigliamento. Allo stesso tempo solo negli alimentari si è registrato un incremento di fatturato sul mercato nazionale.
Al generalizzato aumento della propensione all'export, misurata come la percentuale di fatturato esportato su quello totale, si sono associate variazioni di fatturato totale positive e strategie prevalentemente "aggressive", orientate all'ampliamento della gamma di prodotti e servizi offerti.
A diminuzioni di propensione all'export si sono accompagnati aumenti di fatturato nazionale e riduzioni del fatturato totale, guidati dunque da forti cadute dei ricavi sui mercati esteri.
Secondo un'analisi empirica della relazione tra strategie e performance, le imprese “perdenti” tendono a ridimensionare la propria attività e a difendere la quota di mercato. Le “vincenti” sono accomunate da investimenti in capitale umano, attività innovativa e intense relazioni produttive con altri soggetti.
Sul piano settoriale, in un contesto di elevata eterogeneità delle strategie adottate, emerge l'importanza dell'attività innovativa per molti settori tradizionali della manifattura italiana e delle relazioni tra imprese per i comparti del metallo e dei macchinari.