La notizia è ormai nota: l'agenzia per la protezione ambientale americana ha scoperto che Volkswagen ha utilizzato, sui propri diesel, un software in grado di far figurare emissioni inferiori a quelle reali durante le operazioni di omologazione. L'algoritmo, in sostanza, attiverebbe i controlli delle emissioni soltanto in fase di test, disattivandoli durante la normale guida stradale. I motori, con tassi di inquinamento decisamente superiori rispetto a quelli dichiarati, avrebbero così ottenuto l'omologazione, ma senza rispettare realmente i parametri imposti per legge. Una truffa che, in America, coinvolge i propulsori diesel da 2 litri in dotazione a Golf, Jetta, Passat, Maggiolino e Audi A3.
L’Epa -Eviromental protection agency (l’agenzia federale per la protezione ambientale) ha chiesto il blocco della commercializzazione dei modelli incriminati, oltre al ritiro dal mercato di tutti quelli messi sul mercato successivamente al 2008. In pratica sarebbero coinvolti circa 500mila veicoli.
In seguito all'accaduto, l'attenzione mediatica si è focalizzata sugli aspetti finanziari, a causa dell'immediato crollo del titolo in borsa, e sulla possibile sanzione da 18 miliardi. In realtà le ripercussioni più significative sono attese, e non quantificabili, sulle vendite delle autovetture. In un mercato in cui l'immagine è fondamentale, è atteso un crollo delle vendite (da alcuni analisti stimato in oltre il 10%) che, ovviamente, inciderà sulla produzione della casa tedesca e su quella dell'intero indotto.
Marcel Fratzscher, a capo dell'istituto economico tedesco Diw, ha infatti ipotizzato perdite di posti di lavoro e possibili effetti sul made in Germany: "Il danno all'immagine di Volkswagen avrà gravi costi non solo sul mercato americano, ma anche a livello globale. Saranno messi a rischio posti di lavoro e molti subfornitori in Germania". Il tutto aggravato dal fatto che la casa automobilistica è sempre stata considerata l'emblema dei prodotti Made in Germany".
