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All’Università di Trento si fa ricerca per un petrolchimico più sicuro

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La Redazione

Parte il progetto "XP-Resilience", coordinato dall’Università di Trento nell’ambito del programma Horizon 2020, con l'obiettivo di formare giovani ricercatori in grado di decidere con maggiore consapevolezza la localizzazione di raffinerie e impianti di generazione di potenza, la loro progettazione strutturale e la scelta dei materiali per costruirli.

Pensate a quanto un terremoto, un'alluvione, un malfunzionamento tecnico possano danneggiare un impianto petrolchimico o, più in generale, di generazione di potenza, con conseguenze anche pesanti, basta ricordare il disastro nell’impianto nucleare di Fukushima nel 2011, o i danni provocati dalle inondazioni dell'inverno 2015 nel Regno Unito. In questo contesto, tra l'altro, si deve tenere in considerazione il crescente rischio generato da fenomeni di terrorismo internazionale che hanno come obiettivo il potenziale sabotaggio delle reti di distribuzione di acqua, gas e altre forniture essenziali per una comunità.

Alle perdite umane e all’impatto sull’ambiente si aggiungono i danni economici diretti e indiretti provocati dal mancato funzionamento di impianti classificati come critici o strategici. Ogni anno gli incidenti in impianti di questo tipo provocano solo negli Stati Uniti perdite per 52 miliardi di dollari

È con queste premesse che, per individuare nuove forme di prevenzione del rischio e tecniche che permettano di incrementare la resilienza degli impianti chimici e petrolchimici, stanno lavorando i ricercatori impegnati in XP-Resilience, progetto europeo coordinato dall’Università di Trento con il responsabile scientifico Oreste Salvatore Bursi del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica. Il progetto XP-Resilience ha ottenuto il finanziamento nell’ambito del programma Horizon 2020, in particolare nel pilastro 1- Excellence Science, Marie Skłodowska-Curie Actions-ITN. La Commissione europea erogherà circa 3,4 milioni di euro in 48 mesi, da settembre 2016 ad agosto 2020.

Il progetto è appena stato lanciato nella sede del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica, a Mesiano, mentre nei giorni scorsi il professor Bursi aveva presentato i contenuti di XP-Resilience al primo workshop internazionale sulla resilienza dei sistemi infrastrutturali, organizzato a Torino alla fine di settembre.

Il progetto si concentra sull’analisi di azioni estreme sugli impianti chimici e petrolchimici e sulla progettazione di misure di prevenzione realizzate mediante l’impiego dei cosiddetti metamateriali, dove per “metamateriale” s’intende un materiale o un dispositivo con caratteristiche in grado di ridurre le vibrazioni di sistemi nei confronti delle azioni sismiche. I ricercatori simuleranno condizioni limite (causate da eventi di diversa origine) su casi-studio reali costituiti da impianti per analizzare gli effetti generati, comprendere quali siano le possibilità di recupero nel tempo e definire così criteri oggettivi per la valutazione della resilienza degli impianti e delle conseguenze sulle comunità limitrofe.

Il coordinatore Bursi descrive così gli obiettivi: "Puntiamo a migliorare la capacità di recupero delle comunità attigue agli impianti e ridurre la vulnerabilità degli stessi mediante azioni scientifiche innovative realizzate attraverso la formazione inter/multidisciplinare di nuovi specialisti in grado di quantificare i rischi a causa di disastri causati da incidenti industriali, riconoscere e ridurre la vulnerabilità di impianti chimici e petrolchimici, l’ambiente costruito e le comunità tramite barriere di protezione delle vibrazioni basate sui metamateriali".

Riprende Bursi: "L’altra caratteristica del progetto è la finalità formativa. L’obiettivo principale è infatti preparare giovani dottorandi con background ingegneristico, fornendo loro nuovi strumenti e competenze, che sappiano unire solide conoscenze sia accademiche sia pratiche, spirito imprenditoriale e la consapevolezza che la sicurezza di un impianto industriale dipende da vari fattori: localizzazione (ad esempio, eviterò di realizzare un nuovo impianto in una zona ad alto rischio sismico), progettazione strutturale (l’architettura di un impianto incide sulla sua capacità di resistenza) e scelta dei materiali per costruirli (l’obiettivo è di impiegare i materiali sia nuovi che esistenti con una nuova concezione progettuale)".

"La terza peculiarità del progetto",  conclude Bursi, "è il metodo innovativo in cui esso è stato articolato. I giovani ricercatori impegnati nel progetto, durante la fase di sviluppo della loro ricerca, saranno in contatto costante sia con il mondo industriale, attraverso periodi da trascorrere in aziende che già si occupano di queste tematiche, sia con l’informazione costante sugli sviluppi del progetto. In particolare, l’attività di disseminazione sarà intensa tramite la produzione scientifica nel settore e la diffusione più generale con iniziative come la Notte dei ricercatori e i social media".

XP-Resilience è un’iniziativa inter/multidisciplinare e intersettoriale, composta da un consorzio europeo (dieci i Paesi coinvolti) di sette partner accademici (le Università di Trento, di Patrasso, del Sannio, di Lubiana, l’Università Tecnica della Silesia, Roma Tre e di Strathclyde), un istituto di scienza applicata (Istituto di Scienze applicate, Rennes) e sette aziende private (Vienna Consulting Engineers; Arcelormittal; Columbian Carbon Europa; IGF Ingenieurgesellschaft; Mostostal Zabre SA; Smartec SA; SmithKline Beecham Ltd).

All’Università di Trento si fa ricerca per un petrolchimico più sicuro - Ultima modifica: 2016-09-29T13:34:59+02:00 da La Redazione